giovedì 23 gennaio 2014

Propheta calamitarum!

"Profeta di sventure!"*: è così che nell'Iliade Agamennone apostrofa l'indovino Calcante, reo di avergli annunciato che se non avesse voluto far perdurare l'ira celeste, avrebbe dovuto restituire al padre Criseide, una schiava a casaccio facente parte del bottino di guerra duramente guadagnato con sangue, sudore e lacrime... altrui, come non manca di sottolineare Achille, al quale dopo ore e ore di battaglia un po' brucia il culo di ricevere doni minori di quelli del Boss, il quale al massimo s'è premurato di ordinare ai suoi sottoposti di preparare il talamo da viaggio in vista delle future liaisons con le prigioniere. Achille, inoltre, si era fatto carico pure della protezione di Calcante dalle ire di Agamennone: ambasciator non porta pena, dice il proverbio, ma nemmeno Agamennone era così scemo da non potersi appellare al cavillo giudiziario circa il ruolo svolto da Calcante nella spedizione, che appunto faceva il portasfi... ah, no, scusate, l'indovino, e non l'ambasciatore. Ma questo è solo uno degli episodi minori della saga che vede protagonisti Agamennone e famiglia, al secolo nota come saga degli Atridi, roba che manco la bibliografia di Stephen King e la cinematografia di Dario Argento messe assieme arrivano anche solo a concepire un tale livello di splatter. Tuttavia vi consiglio, prima di iniziare a leggere, di far partire a ripetizione la sigla di Beautiful, per creare la giusta atmosfera. E, nel caso non foste pratici del settore, di prendere carta e penna.

La catena di atrocità tuttavia inizia molto, molto tempo prima della guerra di Troia: c'era una volta, in un paese lontano lontano chiamato Lidia, un re, di nome Tantalo, il cui unico scopo vitale era scassare i maroons agli Olimpi, i quali, non gradendo ovviamente tutte queste interferenze, decisero ad un certo punto di togliergli il saluto. Tantalo, vedendosi rifiutato dal fior fiore dell'universo (sient'a 'mme, Tantalo, non ti stai perdendo niente), medita vendetta: e come lo fa? Ma trucidando barbaramente i suoi figli e servendo le loro carni come pietanze al banchetto degli dei, ovvio! Peccato che questi ultimi abbiano subodorato l'inganno in anticipo (tranne Demetra che frignava ancora per la scomparsa di Persefone e si magnò una spalla senza pensarci) e abbiano deciso di punire esemplarmente il mostro scagliandolo nel Tartaro e facendo resuscitare le sue vittime. Ecco, probabilmente avrebbero anche potuto evitare di farle resuscitare proprio tutte, in quanto Pelope, il figlio di cui Demetra aveva divorato la spalla (prontamente sostituita con una di avorio), si rivelò anche peggiore del padre, attirando sulla sua discendenza una vera e propria maledizione. Pelope ebbe la gran faccia tosta di innamorarsi di tale Ippodamia, il cui padre, Enomao, che aveva ricevuto l'infausto presagio secondo cui sarebbe stato fatto fuori dal proprio genero, aveva avuto la geniale idea di sottoporre i pretendenti ad una gara di corsa truccata: i suoi cavalli erano divini, quindi imbattibili a priori! Pelope, vedendo le teste mozzate degli sfortunati giovani che ci avevano già provato invano, ricorre all'inganno e corrompe l'auriga Mirtilo, promettendogli una notte di sesso sfrenato con Ippodamia. Questi accetta ma, una volta che il piano va a buon fine, il vecchio ci resta secco e Pelope vince e sposa Ippodamia, si vede rifilare dal novello re un dito medio che ha tutta l'aria di un secco "no". Mirtilo, prima di morire annegato per mano di Pelope, ovviamente lo maledice. Frattanto nemmeno la sposa di quest'ultimo si rivela uno stinco di santo, in quanto esorta gli amati figliuoli avuti col marito, i gemelli Atreo e Tieste, ad ammazzare il fratellastro Crisippo, per questioni legate all'eredità paterna. Questioni che si ripresenteranno comunque, dato che Atreo e Tieste si ritroveranno a contendersi il trono di Micene e pure una donna, Aerope, moglie di Atreo ma amante di Tieste. Atreo dunque decide di vendicarsi alla maniera di famiglia, ormai collaudata, di imbandire alla persona odiata le carni dei propri figli. Tieste a sua volta viene a conoscenza di un oracolo secondo cui si sarebbe potuto vendicare egregiamente del fratello copulando con sua figlia Pelopia, unica scampata alla strage: in Grecia non si guarda in faccia a nessuno, una copulata è una copulata, e quello ovviamente non ci pensa due volte e genera Egisto. Passano gli anni e i figli di Atreo crescono e diventano sempre più sfigati: il secondogenito, Menelao, è il più fortunato, in quanto gli tocca solo la cornificazione da parte di Elena e il conseguente scoppio della guerra di Troia, nelle modalità che tutti conosciamo. Al primogenito Agamennone invece tocca la sorte peggiore: prima di partire in guerra è costretto, su ordine di Calcante, a far fuori sua figlia Ifigenia per far salpare le navi per Troia (tempo prima aveva fatto un torto alla dea Artemide e lei ovviamente se l'era legata al dito); dopo dieci anni di menate di mani torna a casa portandosi appresso come bottino una profetessa derelitta, Cassandra (capirai che affare...) e scopre la moglie Clitennestra che se la fa con Egisto. Lei, per vendicarsi dell'uccisione di Ifigenia, ammazza Agamennone e pure Cassandra (ma di lei a nessuno importa). A sua volta Clitennestra ed Egisto vengono trucidati da Oreste, figlio legittimo di lei ed Agamennone, che viene perseguitato dalle Erinni finché la creazione del tribunale dell'Areopago non lo assolve dal delitto e pone fine al filo rosso (di sangue) che aveva legato tutti i membri della stirpe. Qui finiscono le sventure, e con esse anche il mio divertimento.

* N.B. Nell'originale greco, Μάντι κακῶν

giovedì 16 gennaio 2014

Albo signanda lapillo dies

Il rito della notte*, ovvero la serie di azioni che precede il crollo fisico nel giaciglio di Morfeo, qui dalla Pizia prevede una serie di strampalate quanto sorprendentemente quotidiane abitudini. Infilatami per benino nell'imbarazzante pigiama rosa coi brillantini e diventata ufficialmente ricercata per aver attentato con tale efferato gesto all'armonia della natura e alla pubblica decenza, decido di dedicarmi alle dissertazioni filosofiche mentre mi lavo i denti. Il risultato ottenuto si aggira nella media mensile attorno ai 16 dubbi amletici in più e ai 357 sputacchi di dentifricio impunemente scagliati contro l'immacolata superficie dello specchio, in quanto spesso e volentieri risulto incapace di limitare i miei deliri alla mia psiche (e questo blog ne è la chiara dimostrazione). Finalmente affondata nel fantastico piumone (probabilmente risalente all'epoca in cui mio padre faceva la leva militare) decorato con una scena di caccia alla volpe very british (e non sto scherzando), tiro fuori da un cassetto della scrivania una scatola eternamente semivuota di fiammiferi e un mozzicone di candela avanzato dall'ultimo pranzo di Natale per creare un po' di atmosfera e mi dedico alla preghiera, al raccoglimento dell'anima e al rilascio silenzioso di tutto il veleno accumulato durante il dì. Terminato il momento mistico, è la volta della lettura: un paio di sonetti medievali e un capitolo del Vangelo (l'ho già detto che sono una fan del Nazareno), giusto per rispettare la par condicio tra amor profano e amor sacro. Poi vai con la contemplazione: spalanco la porta-finestra e, nonostante il rischio costante di beccarmi una broncopolmonite, consumo dieci minuti del mio tempo a guardare le stelle. I mille diamanti di Nyx sono la cosa più spettacolare mai vista e ogni notte rinnovo la mia ammirazione per madre Natura, somma fautrice di siffatta meraviglia alla portata di tutti ma invisibile agli occhi di molti. Infine giunge il momento del resoconto: mi piazzo davanti al calendario e scrivo, di fianco al giorno che sta per terminare, la parola victa, che in latino gode del privilegio di essere il participio perfetto sia del verbo vincere sia del verbo vivere. La giornata è stata vinta perché anche per quest'oggi sono riuscita a sconfiggere il Tempo, e vissuta perché non mi sono limitata ad invecchiare di un giorno, ma l'ho fatto con stile.

* N.B. Il rito della notte può non svolgersi in caso di uscita con parenti/amici e alla vigilia di interrogazioni/compiti in classe importanti, in cui al massimo passo il tempo a dondolare istericamente sotto la scrivania.

giovedì 9 gennaio 2014

Mala tempora currunt

Il titolo del post è quanto di più sfacciatamente populistico possa esistere, lo ammetto, ma l'alternativa era "non ci sono più le mezze stagioni" e in quel caso mi sarebbe toccato pagare i diritti d'autore a mia nonna. La genesi di questo post scaturisce in seguito ad una veloce occhiata data al quotidiano locale online, in cui è pomposamente riportata la notizia che una mia concittadina sta partecipando come comparsa (o qualcosa di simile) ad una fiction che andrà in onda fra poco in TV, trasmessa dalla RAI. Roba forte, se si tiene conto del fatto che vivo in un paese di trentamila anime o poco più nel tacco d'Italia, famoso al massimo per il vino Primitivo. A dire il vero la sottoscritta risiede nella frazione sfigata del suddetto comune, che conta appena mille abitanti e quarantaquattro gatti, ma il concetto è chiaro: geograficamente parlando, il valore del mio paese è pari più o meno a quello di una coppia di μέν e δὲ in una versione di greco. E forse è per questo che un anonimo commentatore esprime a tal proposito un parere che è sostanzialmente riassumibile in: "c'è chi fa di tutto per onorare la nostra città e chi invece la affossa (ovviamente mi riferisco ai politici)".

Dunque.
La tizia ha al suo attivo alcune vittorie giovanili in concorsi di bellezza a livello locale, altre partecipazioni a programmi regionali, delle apparizioni come figurante a programmi televisivi del calibro di "Pomeriggio 5" e "Verissimo" e una candidatura per la prossima edizione del Grande Fratello, universalmente noto come la riproduzione moderna a misura di schermo al plasma del circolo di Mecenate.

Sono dell'idea che ognuno sia libero di inseguire i sogni che vuole e che sì, corrono tempi bui e per sbarcare il lunario si è disposti a far veramente di tutto, ma leggere che aver dato i natali ad un'aspirante gieffina debba esser motivo di orgoglio per la mia città mi inocula semplicemente nel cuore un filo di amarezza (ignoro volutamente la stoccata finale all'incompetenza della classe dirigente, che penso abbia cominciato ad andar di moda nel 600 a.C.). Siamo davvero giunti al punto di cercare la ribalta nazionale a tutti i costi? Sapere che un concittadino raggiunge traguardi importanti è indubbiamente fonte di fierezza, ma qui non si sta parlando di un campo specifico: non di letteratura, non di musica, non di pittura, non di recitazione, non di distinzione in altri settori dello scibile umano, ma della pura fama preposta come meta finale. Per quel che mi riguarda, credo di risultare così critica per una vicenda tanto banale come questa perché ho sempre considerato la fama come un bonus guadagnato, una specie di extra piacevole da gustare ma in fondo inutile allo scopo vero e proprio da raggiungere. Si può essere anche dei geni silenziosi: il silenzio non sminuisce le singole abilità, al massimo le rende ignote ai più, ma i meriti restano.
Alle feste, del regalo ben impacchettato vengono ammirati carta e nastro, ma prima o poi anche quelli devono sparire per lasciar posto al contenuto che, se non c'è, segnerà per la scatola vuota un netto lancio nel cestino. Doloroso per la scatola e per il festeggiato gabbato.

lunedì 6 gennaio 2014

Avete!

Come non iniziare la presentazione del proprio squarcio di Rete con un saluto latino, lingua amata e venerata dalla sottoscritta insieme al greco antico e fatta propria (o quasi) tramite intense ore di studio matto e disperatissimo (ma anche no)? Benvenuti nel mio blog, o nomadi di Google, o voi che avete posato i vostri candidi deretani su una comoda sedia per avventurarvi fra le meraviglie di quella gran figata che è l'Internet, amore e delizia del genere umano e al contempo fulgido esempio di come la società ormai se ne sia andata a Città Laggiù. Se vi aspettate dotte disquisizioni gnoseologiche, supposizioni di natura filosofica ai limiti dell'impensabile, confronti antropologici di sicura utilità, interessanti e costruttivi scambi di opinioni operati in maniera pacata e tranquilla... beh, NON siete nel posto giusto. Per quello ci sono i programmi televisivi di Maria de Filippi, stolti! Per convivere civilmente con la vostra Pizia, è sufficiente essere a conoscenza di alcune informazioni basilari:

1. Se siete allergici ai gatti o a qualcos'altro che io riterrò degno di nota, vade retro! Al momento possiedo cinque felini, di cui quattro giovani maschi e una femmina MILF dalla gravidanza facile, e hanno tutti degli artigli molto, molto affilati.

2. Il latino e il greco sono gli strumenti eletti per raggiungere il nirvana, ragion per cui non perderò occasione di ammorbarvi con citazioni in queste amene lingue morte. Se non siete ancora convinti della loro beltà, vi dirò che si tratta delle due lingue più porno dell'intera storia dell'umanità (ora vi siete convinti, eh?).

3. Sono la sacerdotessa in carica del tempio di Delfi, assurta a tal ruolo esclusivamente in virtù delle mie doti profetiche. Tutto ciò è lapalissiano, ma ci tengo a precisarlo nel caso qualcuno provi ad insinuare che mi sia servita di quel famoso strumento che presso la plebe porta il nome di raccomandazione. Per fortuna nessuno ha mai osato tanto, o comunque non è più fra noi per poterne raccontare le conseguenze.

4. L'arte è l'ambrosia dei mortali: scrittori, poeti, pittori, scultori, musicisti et cetera i prescelti delle muse. Ma solo fino al diciannovesimo secolo e con qualche eccezione nel ventesimo, quindi rassegnati: tu non sei un invasato dalle muse, sei un invasato e basta.

5. In quanto a miti sempiterni, ne citerò giusto un paio: il primo è il Nazareno, sì, insomma... quello con la barba più figa della storia (essere Figlio del Capo ti dà certi vantaggi). Il secondo è l'uomo più amabilmente stronzo che l'umanità abbia conosciuto sin dalla notte dei tempi ed ogni liceale degno di questo nome se l'è ritrovato fra i piedi almeno un miliardo di volte nel corso della propria carriera di studente: conosciuto anche come il Tizio delle Versioni Interminabili, lo Stalker di Quel Poveraccio di Attico e Colui che Smascherò la Congiura... ecco a voi il sommo Cicerone, mio maestro filosofico! Menzione d'onore invece per un altro uomo dalla fama imperitura, Cesare (più noto per essere l'eterno antagonista di Asterix e Obelix), con cui la Pizia si vanta di condividere il giorno di compleanno, e per lo scrittore dell'ottava meraviglia del mondo: il solo, unico, immortale Dante