giovedì 3 aprile 2014

De donis

Mi è sempre piaciuto aver a che fare coi regali: farli e riceverli, intendo. Trovo però che l'idea del donare qualcosa spontaneamente, così contraria alla legge naturale dell'autoconservazione e così affine invece a quella d'umanità abbia comportato nel corso del tempo la nascita di una tradizione non deleteria, non nociva ma civilmente fastidiosa: quella del ricambio. Qui da noi si usa un verbo particolare per indicare che bisogna ricambiare un dono ricevuto: disobbligare. E disobbligare significa sciogliere da un obbligo. Donare non diventa più, dunque, compiere un gesto generoso e disinteressato a favore dell'altro, ma creare una catena di obblighi e favori dalla quale risulta poi difficile (e per di più amorale) svincolarsi. Mi è capitato più volte di fare regali disinteressati: l'ho fatto quando, passeggiando per il centro città, ho visto qualcosa che sarebbe sicuramente piaciuto ad una mia amica e l'ho comprato. L'ho fatto quando mi andava semplicemente di comprare qualcosa da condividere con coloro che amo, fosse un pacchetto di biscotti o dei braccialetti portafortuna in serie o qualcos'altro di piccolo e carino ma non necessariamente di poco conto. Insomma, ho regalato oggetti perché mi andava di farlo... e basta: non ho soldi in più da spendere rispetto agli altri né mi ritengo più generosa nelle elargizioni, semplicemente mi piace donare. E soprattutto perché preferisco regalare piuttosto che prestare: ammetto di essere estremamente gelosa dei miei possedimenti, dal mozzicone di gomma perforato più volte dall'implacabile punta della matita fino ai miei libri, che giammai saranno affidati a mani barbare. E barbare, in questo caso, non è da intendersi nemmeno in senso troppo dispregiativo: basta che a toccare i miei libri ci pensi qualcun altro che non sia io a farmi scattare in stato d'allerta, anche quando sono consapevole del fatto che l'ingenuo curioso possa anche essere un altro bibliofilo come me. C'è stata in effetti una lontana epoca in cui seguivo la semplice logica del quel che è mio è anche tuo, ma dato che in genere chi mi stava di fronte non si dimostrava abbastanza attento nemmeno ai propri possedimenti, figuriamoci a quelli altrui, ho deciso di ritirare tutto e interpretare da quel momento in avanti la parte della Scrooge de noantri: tirchia, acida, annessi e connessi. È così che mi conoscono tutti e, dato che sono stata io stessa a crearmi questo personaggio, la cosa non mi dispiace: ogni eventuale strappo alla regola del NO sarà visto come manna scesa dal cielo. Il fatto che ogni tanto faccia regali a sorpresa perché mi gira mi fa star bene e al contempo mi consente di restare ancorata con le unghie e con i denti alla mia personalità di facciata. Se devo dirla tutta, mi è capitato anche di ricevere doni senza un valido motivo (ecco perché non ho ancora perso totalmente la mia fiducia nell'umanità) e ne sono stata realmente felice, com'è ovvio, anche se ormai credo di aver perso definitivamente lo spirito di bambina che mi innalzava fino all'Empireo anche davanti ad una semplice scatolina impacchettata e mi faceva sentire sulle montagne russe nel giorno del mio compleanno davanti a montagne di doni malamente avvolti in carte variopinte risalenti come minimo agli anni '80. Ma in tanti e tali anni di vita qui sul disgraziato pianeta che porta il nome di Terra mi è successo anche di aver inconsciamente dato il la a imbarazzanti catene di scambi di doni che, alla fine, sono andate a snaturare il vero significato del regalo originario, fatto innanzitutto per volere e non per dovere. Per quel che riguarda le cosiddette feste comandate, durante le quali i doni sono praticamente obbligatori, lo ammetto: le ho usate come scusa per darmi allo shopping sfrenato, vizio da cui non sono affatto dipendente ma alla fine, si sa, le ovaie ce le ho anch'io (e funzionano pure! miracolo) e ogni tanto un po' di follia controllata ci vuole. Spirito consumistico? Forse sì, ma forse è, più semplicemente, voglia di festeggiare e di far felici gli altri a dispetto dei gufatori di professione che a San Valentino dicono che le coppie vere si amano tutto l'anno, a Natale che le vere famiglie non si devono riunire solo per il cenone e bla bla. Tutto ciò contiene in effetti un'importante verità di fondo, cioè l'opposizione alla strumentalizzazione delle feste e alle sceneggiate finte come la tinta bionda di Paris Hilton, ma molto più spesso è una scusa per giustificare la propria misantropia. E sapete che vi dico? Chi vuol esser lieto, sia: / del doman non v'è certezza!

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