giovedì 22 maggio 2014

De nocte

Musica, maestro.
Sulla notte tanti hanno scritto tanto. La luna ha da sempre esercitato un'attrazione magnetica sulle menti dei poeti e degli artisti in generale, quasi assimilabile proprio al fenomeno che la lega alle maree, e uomini di ogni epoca non hanno smesso di cercare nelle stelle le risposte ai propri dilemmi esistenziali o, più semplicemente, tentare di interpretare la loro posizione come una qualsivoglia figura d'uomo, animale o essere mitologico. Certo, poi si sono sempre stati gli alternativi: Caligola, per esempio, con la luna voleva copulare, ma questo è un caso a parte, insomma, so' ragazzi, poi cambian... ah no. Foscolo, invece, ha dedicato alla sera uno struggente sonetto che credo di poter considerare a tutti gli effetti la mia poesia preferita e anche il mio diletto sociopatico, Leopardi, ha fornito il suo superbo contributo alla causa. Van Gogh ha immortalato l'immobile e vorticoso moto delle stelle in questo gran popò di opera, e Mozart, dal canto suo, ha donato al mondo e consacrato alla notte questo brano divino. La notte, la luna, le stelle... meritano dunque davvero tutta l'attenzione che il mondo dell'arte ha riservato loro nel corso dei secoli?
Sì.
Che razza di domande.

[- Psss, Pizia! Questa domanda l'hai posta tu stessa!
- Subconscio, smettila di dirmi cosa fare. Sta' zitto.
- Io non ti ho detto cosa fare, ti ho detto che hai rigettato una domanda che hai posto tu stessa. Secondo me sei bipolare.
- Sta' zitto.
- Scusa.]

Ho viaggiato abbastanza per poter affermare di aver visto numerosi capolavori d'ogni tipo, d'ogni epoca, tecnica e materiale; ho ammirato spettacoli naturali di variegata natura ma ugualmente mozzafiato; ho macinato volumi su volumi e ho così conosciuto tempi e spazi nuovi senza muovermi dal mio letto; ma non sono mai riuscita a provare una sensazione anche solo lontanamente simile a quella che caratterizza i miei abbracci con la notte. L'idea che la cosa più bella del creato occupi metà della giornata e sia alla portata di tutti ma non se ne accorga nessuno è probabilmente una delle cose che mi sconcerta maggiormente da quando io stessa ho scoperto il fascino della notte. Insomma, come fate a restare indifferenti a cotanta magnificenza? La notte è stupenda, è l'infinito della natura, è la fantasia delle costellazioni e l'incontrollata proliferazione dei nomi greci per designarle; la notte è il vortice delle stelle e delle storie, il rifugio degli amanti e dei criminali (fate finta che anche loro facciano parte del programma poetico di cui sto attualmente costruendo l'impalcatura), il regno dei felini, il velo che copre delicatamente trame, intrighi e delitti, è il buio profondo dell'oblio surrogato offerto dal sonno, è l'illusione della catastrofe incombente e della salvezza assicurata, è la poesia del mistero e dei passi alla cieca. La Notte, complice degli inganni, nella mitologia greca era considerata generatrice di mostri, di Sogni, Incubi e Menzogne, di Morte, Sonno e Illusione, di Contrasto, Odio e Discordia: la Notte era perciò la Magna Mater Mali. Ma la notte non è solo fascino e malignità: ella è anche muta filosofa e musa ispiratrice ed il suo astro, la Luna, è ancora l'eterna innamorata di Endimione, e da millenni ormai ogni notte la dea si bea, commossa e appagata, della vista del suo amato re; e la luna è ancora il sorriso dello Stregatto e il volubile astro delle donne e della femminilità, è l'argentea signora del silenzio e aveva torto Shakespeare nel dire che lei era invidiosa del sole: non a tutti interessano le luci del palcoscenico, c'è chi si accontenta di un'eleganza apparentemente di secondo piano e preferisce un velo di cristallo ad un mantello dorato, rivestendosi di una calma serafica e indifferentemente benevola nei confronti delle amene vicende umane.
E poi c'era Sailor Moon, la paladina che vestiva alla marinara, che di Foscolo non conosceva nemmeno l'esistenza e al massimo sapeva distinguere il sole dalla luna per via della gatta parlante.

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