giovedì 24 luglio 2014

Aeque principaliter

Dopo aver letto questo articolo, ho rischiato di battere il mio record di bestemmie consecutive rivolte ai Superi e agli Inferi tutti (quello attuale è stato stabilito il giorno dell'esame di inglese, quando, dopo quattro asfissianti ore di test, scoprimmo con somma rabbia che l'acustica della stanza designata per l'ultima sessione -quella di ascolto- e il funzionamento dell'apparecchio apposito -una radio anni '90- facevano così schifo che anche un testo in italiano tratto da un libro pensato per i marmocchi dell'asilo sarebbe risultato incomprensibile; a causa dell'infima sfiga, difatti, né io né alcuno fra i miei compagni di corso riuscimmo ad ottenere A come risultato finale). E, per uno strano scherzo del destino, anche l'argomento di stavolta ha a che fare con la A, anzi, le A, ovvero le sezioni che la scuola di Terni ha dovuto istituire per tentare di placare le ire di una buona fetta dei genitori dei novelli iscritti, i quali desideravano assolutamente che i loro pargoli stazionassero fra la crème de la crème della borghesia cittadina. Perché a quanto pare "sezione A" significa anche "classe A", e non nel senso di "aula scolastica", ma di "ceto sociale". Quando fu il mio turno di iniziare le medie, mia madre smosse mari e monti per cercare di farmi entrare nella sezione D, che, insieme alla E, aveva, almeno a detta delle mamme -vere depositarie del sapere universale-, i migliori insegnanti della scuola. Ci riuscì, e aggiungerei per fortuna: conservo ancora dei ricordi bellissimi di loro (un po' meno carini sono quelli che riguardano i miei ex compagni di classe, difatti alla fine della terza media, ormai allo stremo delle forze, mi vendicai di uno di loro perforandogli la mano con la punta del compasso e mi risparmiai nota e/o sospensione solo perché ero la secchiona e la mia reputazione era direttamente proporzionale al mio rendimento scolastico -e poi tutti sapevano di che pasta era fatto quello lì: insomma, a mali estremi, estremi rimedi-). Dicevo, riuscii ad accedere in una delle due sezioni migliori, ma migliori solo per quanto riguardava il corpo docente: la classe era decisamente eterogenea e, per fare un esempio, il figlio del grosso industriale della zona sedeva accanto all'immigrato albanese arrivato in Italia un mese prima (per la cronaca, entrambi facevano parte della cricca dei ragazzacci, ma il secondo è successivamente tornato sulla retta via) e nessuno si faceva problemi per il mestiere svolto dai genitori dell'altro, perché proprio alunni come i due che ho appena citato dimostravano ampiamente che si poteva risultare odiosi e prepotenti a prescindere dal proprio ceto sociale, così come altri ancora erano la prova vivente che si potevano ottenere buoni risultati sia dopo cinque anni passati nella scuola privata più in voga del paese sia dopo cinque anni trascorsi nella minuscola scuola pubblica di periferia. Insomma, inutile ribadirlo: il valore di una persona non si misura in base al denaro da essa posseduto. Quando ho deciso di iscrivermi al classico, sapevo già quale sarebbe stato il campione umano da cui sarei stata circondata, e me ne sono resa realmente conto quando, ancora una volta, la mia genitrice ha dato battaglia per farmi accedere nella sezione migliore, o perlomeno quella di cui si favoleggiava che il corpo docente spiccasse per preparazione, disponibilità e competenza e, per un riflesso di sorta, sarebbe stata anche il ritrovo degli optimi della gioventù cittadina. Della classe in sé e per sé, a dire il vero, non m'importava quasi nulla. Chi mi conosce meglio ha avuto modo di scoprire come si siano rivelati in seguito i miei insegnanti e quali perle mi abbiano donato quasi a cadenza quotidiana ("è colpa di Cesare che ha uno stile impreciso", "facciamo uno scherzo telefonico alla segretaria", "ragazzi, ecco il cellulare, compratemi una cover su Ebay", "ma lo sapete che ho litigato con la collega Tizia? solo perché arriviamo tutte e due in ritardo e il vicepreside ha rimproverato solo lei!", "su Youtube c'era il video del figlio del mio amico che suonava il suo pene come una chitarra, ce lo vediamo ora in classe?", "dite a qualcuno dei vostri genitori che sta a casa di comprarmi degli stivali di gomma per la pioggia", "non fate ricerche inutili, accontentatevi di quello che vi ho dettato io e basta", "volete vedere le foto delle prostitute del bordello cittadino che ho comprato negli anni '80?" sono solo pochissime delle meraviglie fornitemi dai miei integerrimi ed irreprensibili educatori, che ricordiamo essere gli aristoi della scuola -per la vostra salute mentale, non vi conviene immaginare il resto del personale scolastico che bazzica l'istituto, anche se mi sa che i miei sono proprio il non plus ultra... del disagio-), quindi non c'è da stupirsi che la stessa cosa si verifichi con alunni supposti superiori. Tuttavia qui, parlando di (scuole) superiori, si dà per assodato che si abbia a che fare con persone di una certa maturità mentale (...): un bambino di undici anni che si appresta ad entrare in nuovo ambiente e ad entrare in contatto con altri ragazzetti sconosciuti della sua età cosa potrà mai pensare di siffatte suddivisioni? Che il figlio dell'ingegnere vale più del figlio del calzolaio perché il primo ha il papà laureato e più benestante rispetto al secondo? Santa Minerva, è già difficile tenere a bada i mocciosi in quel gran casino che è la preadolescenza, se li si istiga così a manifestare classismo di bassa lega e ad avere più rispetto di una persona solo perché ha più soldi cosa pensate che si ottenga? Perché, in nome dei numi, o ignobili genitori, vi volete scavare la fossa da soli? Ma soprattutto, perché volete continuare ad incancrenire la società nella quale anche io, bene o male, dovrò vivere? E tu, dannatissimo preside, avresti dovuto cancellare con lo sputo la sezione A dai documenti anche solo per ripicca verso quel branco di macchine da prole (non ci regge il cuore di dargli in questo momento il titolo di padre, Manzoni docet) che a malapena meritano un piazzamento in serie Z. E pensare che alle elementari fanno indossare anche il grembiulino per educare i bambini al senso di parità e collettività e che qualcuno vorrebbe l'introduzione di una divisa scolastica sul modello inglese anche per le scuole secondarie! Attendo con ansia la notizia di una mega rissa tra i genitori delle creature delle due prime A per decidere quale delle due sia la migliore e se socialmente conti di più il medico o l'avvocato; immagino dunque che assieme alla pagella di quinta elementare del piccolo vada acclusa la dichiarazione dei redditi, non sia mai che avvengano fraintendimenti quando si trattano argomenti di cotale importanza. Mi sembra infine di essere piombata nell'atmosfera di Mansfield Park, l'ultima opera di zia Jane: è come assistere alla vita della povera Fanny, adottata dagli zii ricchi, che si svolge parallelamente a quella delle sue cugine, che sono sì sue parenti, sono sì sue coetanee, ma non perdono mai occasione di rimarcare che loro c'hanno li sordi e in pratica la stanno mantenendo. Chi ha letto il libro, però, sa anche come va a finire.
P.S. Una curiosità: quando andavo alle medie io, la sezione A era la peggiore di tutte perché inglobava i ragazzacci di una determinata area disagiata della città. A quei malavitosi in erba riconosco i soli meriti di averci fatto interrompere qualche volta le lezioni chiamando a raccolta l'intero corpo docente per l'ultima bravata combinata e di aver organizzato una festa di fine terza media favolosa con una palla da discoteca di provenienza ignota appesa nella loro classe.
P.P.S. Indovinate qual è la sezione che io frequento attualmente. Dai, spremetevi le meningi, magari c'arrivate. E poi fate due più due.

Ma sei andata in overdose da parentesi?
Indy, amo le digressioni, io.

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