giovedì 17 luglio 2014

De amicitia

Tutto quello che di giusto e perfetto e pertinente si potesse dire riguardo a questo tema è stato già detto dal Sommo nell'omonima opera: tuttavia, sono passati più di duemila anni (mi vengono le vertigini solo a scriverlo) e, sebbene l'uomo e i suoi sentimenti siano rimasti sostanzialmente invariati, l'intero universo che ruota attorno ad essi ha inevitabilmente subito l'azione incessante del tempo, che non è tuttavia la medesima delle tempeste che erodono una montagna e dopo secoli o millenni la riducono ad una collina, ma piuttosto quella del vento che scuote inesorabile le sabbie del deserto e le modella dolcemente per formare nuove dune che digradano dolci verso l'infinito. L'amicizia vera resta ancora rarissima e preziosa, ma, forte delle parole di Anna Frank che, nonostante tutto, credeva ancora nell'intima bontà dell'uomo, sono dell'idea che questo avvenga non per cattiveria o indifferenza "di partenza", ma perché si teme che sia l'altro a compiere il passo falso per primo: è un po' come controllare ossessivamente il cellulare del proprio compagno per controllare che ci tradisca e quindi compiere per primi un torto verso l'altro. Questione d'incomprensione, dunque, o perlomeno così mi piace interpretarla: per un'amicizia degna di questo nome servono due cuori puri (sì, proprio come quelli dei protagonisti dei cartoni animati) e credo che tutti siano partiti da quello stato incorrotto che viene riconosciuto come tipico dell'infanzia: forse la bravura del singolo sta nel saperlo conservare nonostante tutto e nel saperlo adattare alla sua nuova condizione di adulto e di membro attivo della società senza sacrificarlo: evitare, insomma, di essere fagocitati dalla concezione dell'utile, dell'istantaneo e del comune restando fedeli ad un ideale superiore. L'amicizia, del resto, è, come tutte le cose nobili in nome delle quali valga la pena lottare, un concetto astratto e quasi irraggiungibile, e non ci si deve stupire se si abusa ripetutamente di questo nome e venga chiamato amico l'ultimo fra i conoscenti così come il primo tra i fratelli non di sangue ma di spirito. Non a caso la Fallaci, in Insciallah, scrisse:
L'amicizia non può rimpiazzare l'amore, dicevo. L'amicizia è un ripiego effimero, artificioso, e spesso una menzogna. Non aspettarti mai dall'amicizia i miracoli che l'amore produce: gli amici non possono sostituire l'amore. Non possono strappare alla solitudine, riempire il vuoto, offrire quel tipo di compagnia. Hanno la propria vita, gli amici, i propri amori. Sono un'entità, indipendente, estranea, una presenza transitoria e soprattutto priva di obblighi. Riescono ad essere amici dei tuoi nemici, gli amici. Vanno e vengono quando gli pare o gli serve, e si dimenticano facilmente di te: non te ne sei accorto? Oh, andando promettono montagne. Magari in buona fede. Conta-su-di-me, rivolgiti-a-me, chiama-me. Però, se li chiami, nella maggior parte dei casi non li trovi, hanno qualche impegno inderogabile e non vengono. Se vengono, al posto delle montagne ti portano una manciata di ghiaia: gli avanzi, le briciole di se stessi. E tu fai la medesima cosa con loro. No, a me non basta l'amicizia. io ho bisogno di amore.
Sia Cicerone sia la Fallaci hanno parlato e scritto d'amicizia: il primo, però, l'ha descritta come un sentimento nobilissimo, anzi, il più nobile fra tutti, intimamente legato all'esercizio della virtù; la seconda, invece, l'ha oziosamente denigrato con poche pennellate. Inutile dire che, in un certo senso, hanno ragione entrambi: il Sommo si è soffermato su quello che dovrebbe essere il vero significato intrinseco di questo legame quasi divino e ne ha scelto ed egregiamente descritto un esempio che calzasse a pennello; la giornalista, invece, ha parlato dell'accezione più comune che viene data alla parola amicizia (che resta ancora concettualmente "errata", ma, essendo più diffusa, è anche quella evocata più spesso dalla mente) ma oso affermare che, se probabilmente avesse conosciuto l'amicizia immacolata del trattatello del Sommo, avrebbe almeno mitigato i toni. L'amicizia dei sogni, effettivamente, è una forma d'amore (Amor enim, ex quo amicitia nominata est, princeps est ad benevolentiam coniungendam, ille dixit), d'amore assoluto e totalizzante, ma privato della sfera carnale e di una particolare scintilla affettiva che distingue appunto l'amicizia dall'amore. E questi due balsami dell'umanità sono forse la stessa cosa? No, a dirla tutta, ma non ci può essere l'uno senza l'altro. In base a questo concetto, sono portata a credere che non possa esistere un'amicizia vera e intima tra due persone di sesso opposto, perché poi si finisce per innamorarsi, almeno da parte del più disincantato fra i due (l'unica coppia che conosco di "migliori amici" composta da un uomo e una donna va avanti solo perché lui è omosessuale) o, anche nel miracoloso caso in cui ciò non avvenisse, questa particolare relazione potrebbe causare problemi col sereno svolgimento dei rapporti amorosi di ciascuno dei due, dando vita a gelosie facilmente giustificabili. D'altra parte l'amicizia "vera" potrebbe anche sfociare nell'undicesima piaga della società moderna, ovvero la temutissima "zona amici" (meglio conosciuta col termine inglese friendzone perché così fa dannatamente più fyko): in pratica, è quando si è attratti da una persona ma questa ci considera solo come un amico, spesso intimo (spesso anche zerbino) e, nonostante sia perfettamente consapevole dei reali sentimenti dell'altro verso di lei, o li ignora o li sfrutta a proprio vantaggio, rifiutandosi di dare un taglio netto ad un rapporto che farebbe soffrire entrambi. La "zona amici", dunque, non si ha quando ci si dichiara a qualcuno della propria cerchia di conoscenze più o meno intime ma questi rifiuta (quelli si chiamano ancora due di picche): si ha quando si rimane in un eterno e lacerante limbo, sempre incerti sul reale stato delle cose. Per quel che mi riguarda, ho avuto la fortuna di non incappare in simili situazioni imbarazzanti, ma è anche vero che non mi sono concessa ad alcuno, né uomo né donna, per qualcosa che andasse oltre una conoscenza approfondita, complice il vecchio adagio popolare molto in voga dalle mie parti e a cui sono stata costretta giocoforza ad attenermi: amica con tutti, fedele con nessuno. Il bordello dell'amicizia, insomma. Non dire questo, non rendere noto quest'altro, però fai tante conoscenze che prima o poi ti risulteranno utili... bleah. Uno dei sentimenti più nobili dell'umanità ridotto ad un mercimonio di favori. Considerando il mio carattere schivo, solitario e indipendente, già socializzare mi è risultato, ai tempi, difficile: socializzare con una tale leggerezza, pressoché impossibile. Ecco perché, alla fin fine ho deciso di prendermi la mia vendetta e di rivelare ciò che volevo a chi volevo (diciamo che sono come i bambini, non ho il senso del "pudore" ben sviluppato e quindi non m'importa granché di svelare cose che qualcuno ritiene importanti: non parlo ovviamente di segreti e confessioni personali, ma di semplici verità quotidiane e di furberie giornaliere mancate), aprendo il mio animo proprio ai più insospettabili: i miei amici di Internet. Amici che in un certo senso mi sono "scelta", che ho conosciuto su gruppi su cui si condividevano interessi comuni e che perciò mi assomigliano, in un modo o nell'altro: sempre il Sommo diceva che l'amico è un altro se stesso, ma suppongo che, nel mio caso, ciò possa dipendere anche dal fatto che, avendo un carattere particolare e apprezzando cose decisamente sui generis, siano in grado di comprendermi a pieno solo coloro che condividono con me una considerevole fetta dei miei gusti e dei miei ideali. Su Internet, per uno strano scherzo del destino, mi sono palesata per come sono realmente (figa, eh?), e scrivere su questo blog corrisponderebbe più o meno a rendere pubblico il mio diario, se mai ne avessi uno. Non so cosa pensino di me i miei contatti, tra i quali ovviamente ho fatto anche delle... eh, bizzarre cernite (le accurate e raccapriccianti sintesi dei miei deliri notturni sono roba per pochissimi eletti, per esempio), ma spero che sappiano che non so cosa darei per incontrarli di persona (e se mi avete mentito so' cazzi vostri). Lo stesso discorso, alla fin fine, potrebbe valere anche con l'amore: nel remoto caso in cui esistesse un pòro disgraziato che desiderasse stare con me usque ad mortem, dovrebbe essere piuttosto simile alla sottoscritta. Non per intolleranza verso idee e opinioni diverse (non voglio uno zerbino o una fotocopia di me stessa), semplicemente perché, conoscendomi, avrei bisogno di un alleato con cui stabilire una perfetta sintonia, più che chimica, direi alchemica. E poi, diciamocela tutta, uno che non fosse a me affine non potrebbe funzionare bene come valvola di sfogo per il mio egocentrismo latente (e parzialmente represso), né riuscirebbe nemmeno a sopportare i miei tratti distintivi come, manco a dirlo, la passione per la classicità che sfiora le vette del più becero fanatismo.

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