giovedì 31 luglio 2014

De viris et mulieribus

Sì, lo so, ho già dissertato parecchio su questo tema, ma lo vedo sempre così fecondo di nuovi spunti che non riesco a stare zitta: tuttavia, è più probabile che stavolta la scintilla sia scoppiata in seguito alla magica combinazione tra la lettura di questo articolo e il tedioso e puntualissimo arrivo della Générale Krottendorf. Siccome non c'è due senza tre, riporto anche la definizione che il dizionario dà del femminismo, perché a quanto pare le femministe ci tengono molto e ci sarà molto utile. Anzi, meglio iniziare proprio da lì: il femminismo parte dunque col principio che gli uomini siano avvantaggiati rispetto alle donne e perciò rivendica per queste ultime gli stessi diritti dei loro compagni di razza (quella umana, s'intende). Cosa che in effetti era giustissima nell'epoca in cui il femminismo sprigionò i suoi primi bagliori (fine Settecento) e poi registrò il suo boom (metà del Novecento), ma che nell'Occidente moderno ha poche ragione d'esistere, semplicemente perché ormai le femministe vogliono tenere, come si suol dire, il piede in due scarpe e sono sostanzialmente indecise se considerare le donne realmente pari agli uomini o facenti parte delle "fasce deboli" della popolazione come anziani, bambini o disabili e riscuotere quindi le opportune agevolazioni. Così la reale azione del femminismo odierno si è radicalmente discostata dagli ideali originari che difatti sono rimasti a vegetare solo nelle definizioni dei dizionari, i quali tuttavia vengono prontamente rispolverati dalle paladine dei diritti in rosa ogni qualvolta una appartenente al loro stesso sesso osa essere in disaccordo con le loro opinioni. Se andate a cercare la definizione di "comunismo" sul vocabolario, a primo acchito vi sembrerà pure una cosa giusta e, perché no, perfino caruccia: se vi prendete la briga di sfogliare qualche libro di storia, capirete quanto la realtà si sia discostata dagli ideali. Aggiungiamo anche che l'iniziativa delle "Women against feminism" ha preso piede negli USA, Paese che in quanto ad estremismi non si fa mancare nulla e in cui la parola feminism è ormai spesso e volentieri associata ai più beceri deliri come nella migliore tradizione a stelle e strisce (tempo fa divenne famoso il caso di una che su Internet scrisse che non avrebbe mai dato il suo latte materno ad un eventuale figlio maschio in quanto già fisicamente più forzuto e dall'indole più prevaricatrice rispetto alle femminucce, roba che mi fa schifo solo a scriverla) e in cui, ahimé, le sparate poco condivisibili sono all'ordine del giorno, almeno per quello che ho visto. Se in Italia pagine femministe sono quelle come questa (in genere mi astengo dal far nomi, ma quando ce vo', ce vo') c'è poco da star tranquilli, visto che là dentro girano abnormi idiozie che vanno dal paragone tra uno stupro e una visita ginecologica alla candida dichiarazione da parte di alcune fan di odiare gli uomini e di non avere alcun problema: pullulano portatrici di fodero che scambiano due luoghi comuni scritti su Facebook da un ragazzino bimbominchia delle medie per una dichiarazione ufficiale rilasciata dalla Casa Bianca e non trovano nulla di male nel sesso fra due dodicenni, giustificano tradimenti coniugali se compiuti da una donna, negano l'esistenza dell'istinto materno che è roba da patriarcato, si vantano di mollare i figli come pacchi postali da chicchessia e vanno in giro blaterando ipocrisie sulla bellezza del corpo della donna che è bello sempre, comunque e dovunque. Piccola digressione: degni di nota sono anche i deliri sugli animali, che non c'entrano niente col tema della pagina ma a quanto pare fanno capire al pubblico che l'amore risparmiato agli uomini viene riversato sugli adorati pelosetti. Ah, e c'è un'alta probabilità che una buona percentuale delle storie lì riportate siano falsità astro(g)nomiche.
Aspetta. Queste sono la versione "ventunesimo secolo" della gattara dei Simpson?
A dirla tutta, sì.
Fermo restando che la loro baggianata migliore risale al 18 settembre 2013, data in cui a farne le spese e ad essere apostrofato come "maschilista di merda" è stato nientepopodimenoche il povero Aristotele (no, non il mio gatto, intendo il filosofo greco), ci terrei ad esprimere, aiutata dal mio fedele subconscio, le mie personali opinioni riguardo ai temi caldi del rapporto uomo-donna al giorno d'oggi e a dire che, personalmente, sopporterei a fatica le femministe anche solo per aver infestato la lingua inglese, e di conseguenza quella italiana, di raccapriccianti e insensati neologismi che ti fanno rivalutare in positivo il menù in una sola parola di Aristofane. Se proprio devo darmi un'etichetta, che sia "antisessista". Indy, procedi.
Cognome della madre, doppio cognome e affini. Spara, sorella.
In teoria l'idea sarebbe giusta: in pratica, dato che non mi sembra che la legge a tal proposito sia stata richiesta a furor di popolo, non vedo perché non lasciare le cose così come stanno e piuttosto provvedere a snellire la burocrazia per quei relativamente pochi individui che desiderano realmente cambiare cognome per acquisire quello della madre o di chi altro o perché quello del padre è fonte di imbarazzo e mette in ridicolo il soggetto in questione, situazioni che la legge italiana prevede già. Insomma, trovo che sia più ordinato che ci sia una norma di base da cui partire (e che io non appoggio in quanto "cognome del padre" e quindi "cognome di maggior valore": se l'usanza avesse previsto che il cognome fosse quello della cugina di terzo grado mi sarebbe andato bene lo stesso) e da cui poi chi lo voglia possa distanziarsi senza affrontare mesi di scartoffie e odissee attraverso uffici pubblici. Il doppio cognome per la prima generazione andrebbe pure bene, ma se malauguratamente i genitori della seconda generazione non sanno quale o quali dei quattro cognomi dare al figlio e quindi quale o quali dei nonni "privilegiare", che si fa? Si ricorre all'ordine alfabetico, ovvio, ma non è che dopo un po' di tempo poi si rischia di far scomparire più di qualche cognome... mmm, diciamo dalla P in giù? Ripeto: in teoria l'idea sarebbe giusta, ma nella pratica secondo me creerebbe problemi.
E che ne so io. Bellezza e società, procediamo.
Come al solito, quella del "siamo tutte belle" è una colossale idiozia: l'uomo, inteso come genere umano, ha sempre avuto dei canoni di riferimento riguardo alla bellezza dell'altro sesso per assicurarsi, almeno in tempi lontani, la buona salute della prole che sarebbe andato a generare. Paese che vai, usanza che trovi, canoni che cambiano: tuttavia, è cosa risaputa che ognuno di noi, donna o uomo che sia, abbia delle preferenze in ambito estetico e non v'è assolutamente nulla di male in tutto ciò. Persone che soffrono di disturbi come anoressia od obesità non sono belle a priori, sono innanzitutto malate e vanno curate: che poi l'amore possa andare oltre l'aspetto fisico e superarne le barriere come talvolta accade è una gioia che auguro a tutte le persone sulla faccia della Terra, ma il disagio fisico, spesso unito a quello psicologico, tende a persistere, e ignorarlo è pura ipocrisia. E no, non è ingiusto o crudele dire ad una persona che il vestito che indossa, tenendo conto del suo fisico, le sta male: sarebbe cattivo dirlo con tono offensivo, ma è encomiabile comunicarlo con buone intenzioni. Non tutti gli abiti sono fatti per tutte le persone e comprenderlo è uno dei primi passi verso la pacifica accettazione di se stessi e l'emancipazione dalle mode del momento che in nome della logica del vendere non tengono ovviamente conto della reale personalità del compratore e, manco a dirlo, ci vogliono tutti uguali (gombloddoh!).
Le tizie coi peli sulle gambe!
No, dai. Questo no. Non ha senso, non ha alcun senso. Se ci si vuole emancipare da tutte le mode del patriarcato, bisogna anche smettere di truccarsi, o peggio, lavarsi. Qualcuno riesce ad immaginarsi una cricca di diseredate dalla ragione che va in giro a lasciare fetori degni di un post-convivium inneggiando alla libertà e alla bellezza (aridaje col "siamo tutte belle"!). No? Perché le tipe dei peli potrebbero essere spaventosamente affini a questo ultimo, astro(g)nomico parto della mia mente. E comunque anch'io mi depilo quando mi pare e piace, anche se non posso farlo troppo spesso visto che al posto della pelle ho uno strato di carta velina trasparente, a tratti chiazzata di rosso e maculata da lentiggini, lividi, cicatrici e punture d'insetto varie e dopo una ceretta sembro una affetta da morbillo per le successive otto ore. E se non mi va di depilarmi non vado a sbandierarlo in giro né ne faccio un vanto. Se un uomo non si rasasse per protesta, metà del mondo gli darebbe del barbone (e a buon diritto, eh).
E quelle che in Spagna andavano in giro coi pantaloni sporchi di vernice rossa per sensibilizzare il pubblico sulle mestruazioni?
Trattienimi, altrimenti il prossimo sangue che vedrai scorrere non sgorgherà da una sola parte del corpo femminile.
Andiamo alla parte che mi piace di più, sesso e relazioni.
Ogni uomo, come ogni donna, deve essere libero di vivere la sua sessualità come meglio desidera e sognare perfino di farsi frustare nudo/a da Christian Grey o dall'insegnante di matematica del liceo se lo desidera, sebbene nella mia, e ripeto mia, personalissima visione del mondo, la promiscuità e la ricerca del piacere individuale a tutti i costi non godano di ottima fama. Sono dell'idea che l'atto sessuale abbia un valore molto più alto di quello che la società odierna tende ad attribuirgli riducendolo ad una sorta di sfruttamento del corpo altrui per il proprio godimento personale (questa... cosa mi sa di animalesco, e lo dico io che mi sono ritrovata spesso e volentieri ad assistere pietrificata allo spettacolo dei miei felini che organizzavano orge a quattro sul balcone di casa) e che se si cerca l'altro per sfruttarlo per i propri fini a questo punto è più onesto comprarsi un giocattolino di plastica che dà meno rogne e ti fa godere come dici tu. Bon, non riesco a concepire, per quel che mi riguarda, l'idea di un atto sessuale degno di questo nome esulato dall'amore, e con "amore" non intendo nemmeno la passione effimera di un paio di quindicenni, però non pretendo che il resto del mondo la pensi come me e lascio a uomini e donne dell'orbe terracqueo la possibilità di sfruttare gladio e fodero e di considerare la propria verginità come meglio credono (possibilmente senza contestare per principio altre idee solo perché erano quelle prevalenti in epoche passate), anche se spero che l'idea di due dodicenni che fanno bum bum disturbi più di qualcuno a prescindere dalle proprie considerazioni in fatto di sesso.
Non ti facevo così puritana. Pensavo che tutta la lettura della roba greca e latina ti avesse spalancato nuovi orizzonti.
In effetti è così che è successo, ma in negativo. E, per inciso, i libri classici e i gatti hanno contribuito a consegnare al mondo un'immagine di me che ti puoi facilmente figurare. Una ha perfino insinuato che praticassi la zoofilia con le mie bestiole, ma quando le ho risposto che se avesse voluto sapere com'era davvero la zoofilia avrebbe dovuto chiedere informazioni al suo fidanzato non l'ha presa bene.
Non ti farò mai più parlare di sesso finché campo.
Se continuiamo così, Indy, non credo che ci saranno molte occasioni di discuterne ancora.
Maternità e matrimonio. Ma risparmiati citazioni e riferimenti ai reality di Real Time.
Giurin giurello che non li nominerò manco per sbaglio. Come al solito, vive l'amour, anche se non vedo sinceramente perché due persone che si amano e hanno intenzione di stare insieme per il resto della vita, prima o poi non decidano di ufficializzare il loro legame convolando a nozze. Ci tengo a ricordare che sposandosi in chiesa o in comune non si prenotano automaticamente ristoranti, auto d'epoca o lune di miele: ergo, chi non ama le spettacolarizzazioni può tranquillamente ufficializzare la propria unione davanti alla legge tirandosi appresso giusto un paio di testimoni. Dire cose come "noi ci amiamo anche senza un foglio di carta" è un po' come dire "io non ho bisogno di registrare la nascita di mio figlio all'anagrafe, i miei sentimenti non cambiano con un documento". Ma vabbè, non è questo il punto: il matrimonio (inteso come unione stabile con un'altra persona, quindi alla fine anche la convivenza potrebbe rientrare in questa definizione) non dovrebbe essere lo scopo unico della vita di una persona, ma ciò non significa che non debba rappresentare un traguardo significativo, se non il più importante. Per quanto riguarda maternità e paternità, sancisco ancora una volta la libertà degli individui di scegliere se avere figli o meno, né ovviamente accuso di egoismo chi sceglie di non averne, tuttavia mi auguro che in un'ipotetica scelta tra carriera e affetti, filiali e non, tutti optino per privilegiare i secondi: sostentarsi è fondamentale ed è un bisogno primario, ma anche educare la propria prole lo è, e se, dico se, ci si può permettere di vivere decentemente anche con qualche euro in meno è meglio godersi il frutto della propria unione. Perché sì, un bambino è una vita, e in quanto vita, e soprattutto vita ai primordi, vale più di qualunque altra cosa: e una donna che sceglie volontariamente, in accordo col suo compagno (queste decisioni, in una coppia normale e democratica, si prendono in due), di dedicarsi a casa e prole non dovrebbe meritarsi l'appellativo di "mantenuta". Disgraziatamente, coi tempi che corrono è impossibile pure veder realizzato il binario femminista "carriera VS figli", perché la carriera è diversa dal lavoro, e spesso il lavoro consiste in un'occupazione sottopagata e talvolta pure umiliante, ragion per cui molte donne, se non possono avere il lavoro dei sogni, preferiscono, a ragion veduta, mollare un'occupazione precaria e stare con i bambini. Perché le donne madri vengono viste "meglio" rispetto a quelle che non hanno procreato? Semplice: procreare è sempre stato visto come lo scopo ultimo dell'esistenza di qualsiasi individuo per via di un elementare istinto di sopravvivenza della specie e la maternità è nella maggior parte dei casi più immediata e forte rispetto alla paternità per via del legame fisico che si instaura tra genitrice e nascituro. Non a caso, in genere, sono le donne a desiderare più intensamente figli rispetto agli uomini: eppure, sono loro che si sobbarcano nausee, vomiti, ingrassamento, dolori del parto, inestetismi successivi, sveglie fuori orario, noiosi allattamenti e simili; e poi a ricadere su entrambi ci sono i compiti del sostentamento e dell'educazione del pargolo. Perché avviene tutto questo, se l'uso della logica più basilare farebbe pendere la bilancia nettamente a favore degli svantaggi a meno che non si fosse dotati di una schiera di balie e di forzieri di dobloni? Perché amiamo, e vogliamo che il nostro amore e il nostro sangue si perpetui: siamo tesi verso un futuro che non possiamo raggiungere, e per sfiorare il quale ci serviamo dei nostri discendenti.
Lo studio, il lavoro, la carriera e tutto il resto.
Tutti, uomini e donne, hanno diritto a scegliere e perseguire la carriera che desiderano. Tuttavia, prendere atto del fatto che alcuni corsi di studi e alcune professioni sono più popolari fra le donne piuttosto che fra gli uomini o viceversa non è "sessismo", è pura realtà oggettiva. Il fatto che la stragrande maggioranza degli alunni degli istituti aeronautici appartenga al sesso maschile e la stragrande maggioranza delle alunne dei licei psicopedagogici appartenga al sesso femminile è semplicemente una constatazione oggettiva delle differenze fra i due sessi, che tuttavia non rendono l'uno inferiore all'altro o viceversa: siamo piuttosto complementari, diversi ma ugualmente dignitosi davanti al mondo e alla legge. Ovvio che chi vuol far eccezione è libero di farlo, ma è anche vero che certi stereotipi sono come le leggende: sostanzialmente falsi, ma con un fondo di verità. Ricordiamo che è la società ad essersi modellata sulla natura umana e non viceversa. E per quanto riguarda il lavoro e le quote rosa, le trovo una cosa assurda e, udite udite, sessista. Perché un sesso dovrebbe essere agevolato rispetto ad un altro? Alcuni potrebbero dire "beh, non c'è altro modo per avere più donne in politica o in altri campi", ma, novella saeculi: a noi non interessa avere più donne in politica o chissà dove, a noi interessa che a tutti siano date le stesse possibilità di accesso agli stessi mestieri. Se poi un sesso se ne vuole avvalere di più rispetto ad un altro, non è nostro compito interferire con le libere scelte altrui: non mi sembra che qualcuno si lamenti perché le insegnanti a scuola sono quasi tutte donne. E quando parlano di discriminazioni e soprusi, vadano a leggersi la storia di Italia Donati, giusto per ridimensionare i loro standard.
Tradimento, prostituzione et similia.
Francamente, trovo che talvolta il femminismo abbia fatto "danni", ovvero abbia sdoganato anche per le donne comportamenti che erano già biasimevoli per gli uomini. Gli uomini tradivano di più? Anziché "educarli" alla fedeltà, le donne hanno preferito promuovere il tradimento femminile. Gli uomini maturi se la facevano con donne molto più giovani di loro? Ecco che appaiono i "toy boy" per le signore. Peccato che siano apparsi anche i doppi standard: un matusa che sta con una ventenne è un vecchio marpione, un'anziana che sta con un ventenne è moderna. Un uomo va con molte donne? La risposta è chiaramente una donna che va con molti uomini! Trovo che nel vecchio sistema patriarcale il problema non stesse nelle virtù impartite alle donne, ma che le suddette virtù fossero impartite solo alle donne! C'è gente che per vendicarsi di duemila anni di soprusi è arrivata ad affermare che la fedeltà sia pari ad un crimine e la verginità un peso di cui sbarazzarsi al più presto! Ah, e comunque specifichiamo che la colpa, nel tradimento, è ugualmente spartita tra fedifrago/a e amante, e che quando parlo di deprecazione della prostituzione non intendo andar contro le povere ragazze che si ritrovano sbattute in strada dopo incontri con sfruttatori infami: a me piacerebbe che questo sistema degradante non esistesse, ma d'altro canto non posso andar contro coloro che vogliono usufruirne e soprattutto contro coloro che, consapevolmente, vorrebbero praticare il suddetto mestiere in tutta sicurezza (i o le "sex workers", come le chiamano nelle lande d'outremer), ergo... se proprio non si può far di meglio, legalizzatela, almeno ci sono meno rischi per tutti. Ognuno ha il diritto di far quello che gli pare del proprio corpo -sì, pure le veline, ché alla fine nessuno le ha obbligate a denudarsi sensualmente in prima serata sulla TV nazionale-.
Le buone maniere. Questa è difficile, lo so.
Questa è difficile perché da un lato io sono piuttosto risparmiatrice e, in quanto amante degli "altri tempi", anche delle relative usanze, ma dall'altro è anche vero che il mio sangue meridionale mi impone di offrire a tutti i costi, o almeno di offrirmi di offrire. Risolviamo la questione con un più semplice "paga chi invita". Però, sempre per quel che mi riguarda, non disdegno affatto attenzioni un po' retrò, e non perché io sia tanto debole e cretina da non sapere come si apre una porta da sola o voglia sfruttare qualcuno come schiavo, è solo che... insomma, ricordate l'articolo sui vezzi e le vanità? Ecco.
L'ultima parte, la più succosa quando si ha a che fare con te. La lingua.
Tutti quei neologismi come fat-shaming, skinny-shaming, slut-shaming (ma le parole presa per il culo non vanno più di moda?), mansplaining che di rimando invadono anche l'italiano insieme alla raccapricciante abitudine di sostituire le vocali finali delle parole con gli asterischi mi fanno venir voglia di dar fondo alla mia intera scorta di anatemi e di scagliarglieli addosso come i fulmini di Zeus. Mi trattengo solo perché la filosofia insegna a praticare l'enkràteia, e concludo dicendo che, viste le reazioni poco pacate delle femministe alle "Women against feminism", che di fatto non rinnegano le azioni delle loro antenate suffragette ma solo la piega del femminismo moderno, la risposta al dilemma è già stata trovata.

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