giovedì 18 settembre 2014

Ex stercore flores

Ama e ridi se amor risponde,                                                 piangi forte se non ti sente,                                                         dai diamanti non nasce niente,                                                    dal letame nascono i fior.                                                                                          (Via del Campo, Fabrizio de Andrè)
Uno dei detti popolari più usati e abusati, che chiunque, a dispetto delle proprie origini, avrà sicuramente udito almeno una volta nella propria vita, è senza dubbio "non tutto il male vien per nuocere" (tra l'altro ho appena notato che buona parte dei miei articoli inizia con una serie di pipponi mentali derivanti anche dalla più sciocca riflessione sulla più stupida delle frasi note alla popolazione mondiale, wow, che talento inimitabile). Vabbè, insomma, quello che ho da dire è che semplicemente non sono d'accordo: il male viene per nuocere, è il suo mestiere, la sua causa e il suo scopo, il suo principio e la sua fine, il suo essere e il suo apparire. Però da ogni esperienza negativa ne può sempre (e dico sempre) nascere una positiva, che, se la Fortuna si leva la benda e vi strizza l'occhio, può perfino farvi ringraziare il cielo di esservi beccati la sciagura di turno. Il mondo sarebbe ovviamente migliore, anzi, perfetto, se il male non esistesse, ma mancando tale assenza di turbamento dobbiamo accontentarci di riuscire a trovare le pepite d'oro nei laghi di torba: la metafora della canzone è più calzante di come appare, perché è vero, appunto, che è dallo sterco che sbocciano i fiori, ma è anche vero che i diamanti valgono sempre più di questi ultimi, quindi chiunque fosse sano di mente desidererebbe proprio questi per sé. Veniamo al dunque, allora: il male. Perché esiste il male? Fior fiore di studiosi, scienziati, filosofi, teologi si sono applicati per vite intere per cercare di fornire una risposta a questo asfissiante interrogativo e se vi aspettate che a svelarvi l'arcano sia io allora non avete tutte le rotelle che girano nel verso giusto (ma non preoccupatevi, siete in buona compagnia). Se si dà per scontata la sola esistenza dell'essere umano, la soluzione, o perlomeno una delle più probabili fra le infinite, è che semplicemente il male esiste come comportamento funzionale dell'individuo per la sua sopravvivenza e la soddisfazione dei suoi istinti, dai quelli primordiali a quelli più evoluti (ovvero: homo homini lupus); se ammettiamo anche l'esistenza di... insomma, qualcuno di superiore, a cui poi vengono attribuite tutte le qualità positive al loro stato massimo, le cose cambiano. Insomma, se Dio è buono come si dice, perché permette che accada il male? In virtù della sua potenza e magnanimità, non potrebbe farci vivere tutti in paradiso e via? Perché non lo fa? Se non vuole è cattivo, se non può non è onnipotente. Io invece mi chiedo: perché mai dovrebbe farlo? Ogni uomo non ha forse il sacrosanto diritto di scegliere e vivere la sua strada, anche quando questa comporti il male e quindi il danneggiamento di sé stessi e degli altri? Perché dovrebbe intervenire per incerottare, arginare, contenere, nascondere, reprimere, annientare ciò che una persona ha scelto, nella maggioranza dei casi, nel pieno possesso delle sue facoltà mentali? È nostro il compito di far sì che le persone non scelgano il male, e se proprio non si è spinti da motivi etici che almeno lo si sia da cause utilitaristiche, perché nessuno fa mai del male solo a se stesso: l'eco di qualunque nostra azione si ripercuote in maniera più o meno brutale su tutti coloro che ci circondano, sia nel bene sia nel male, e un domani potrebbe essere proprio l'io di turno a pagare lo scotto delle malefatte di qualcun altro. Se la natura o chi per lei ci avesse voluti soli ed eternamente indipendenti ci avrebbe fatto nascere in luoghi sperduti della Terra e ci avrebbe fatto riprodurre per mitosi: come in una catena, però, un anello arrugginito arrugginisce anche gli altri, e un anello brillante fa risplendere di luce riflessa anche quelli a cui è legato. Tuttavia... ho la convinzione intima e un po' perversa che sia soprattutto o forse unicamente il dolore, scaturito dal male, a renderci davvero umani. L'eterna, intangibile serenità derivante da un'ipotetica letizia persistente mi parrebbe quasi produrre un effetto simile a quello delle sottili zampe di un insetto che non fendono l'acqua ma ne sfruttano la tensione superficiale: il dolore, invece, scava, raschia e devasta, va a fondo, denuda il cuore e ne scopre i nervi, espande le sue roventi diramazioni rendendo il corpo una mistica e misera tavola anatomica esposta alle intemperie del mondo esterno. Forse è l'impossibilità di giungere infine all'utopica meta a farmi formulare questi pensieri, con l'implicito scopo di esorcizzare la rassegnazione derivante dalla constatazione che tutto ciò mai avverrà (sì, è un po' la versione malinconica della favola della volpe e dell'uva), però... come direbbe una ragazzina su un social network a casaccio, per avere l'arcobaleno bisogna prima sorbirsi la tempesta. E in fondo l'acqua non ha forse il sapore dell'ambrosia per l'assetato e il gusto dell'aria per il sazio? Che il male, in un'accezione più ottimistica, serva anche a farci capire l'incommensurabile valore del bene, che perciò diventa tale solo in relazione ad esso? La storia dello yin e dello yang, insomma. Oppure... un'altra teoria prevedeva che il male fosse assenza di bene: è un po' come la storia del calore, in fisica non esiste mica il freddo, esiste solo il calore con le sue infinite variazioni di temperatura. Così come, almeno in teoria, non esiste l'ombra: esiste solo l'assenza di luce. E quindi il male non è l'opposto ma è semplicemente il nulla o il bene ridotto all'osso; mi piace quest'idea, perché ammetterla significa negare al nemico perfino la dignità di esercitare la propria influenza in negativo, vuol dire annichilirlo fino all'estremo, distruggerlo puntando dritto al cuore. Diceva poi Kafka che il male conosce il bene ma il bene non conosce il male: il male conosce il suo avversario perché semplicemente esiste per nuocergli, invece il bene, il vero bene, lo ignora perché semplicemente esisteva da prima e ha scelto di restarne immune, incorrotto? O magari il vero bene invece conosce e conosce silenziosamente il suo avversario, che invece ne ignora le serafiche mosse nell'ordinata scacchiera dell'universo. Si deduce che il vero bene è dunque sempre rimasto puro e immacolato rispetto a tutto o è diventato tale dopo aver fatto esperienza delle azioni della sua controparte. Credo che siano possibili entrambe le vie, ma mi sembra deliziosamente palese che la più percorsa delle due sia la seconda, perché riuscire a respingere il male in eterno è quasi ultraterreno, ma accoglierlo e poi cacciarlo è divinamente mortale: significa essere riusciti a trarre il bianco dal nero, a far germogliare i fiori del male. Oh, però non è bellissimo sapere che i fiori del male crescono dappertutto? Sono venati di nero e imperlati di veleno come i boccioli veri sono roridi di rugiada mattutina e dai loro petali grondano opachi misfatti, ma sono pur sempre meravigliosi, anzi, sono meravigliosi proprio per questo, e compongono come i pezzi di un ancestrale puzzle i giardini degli animi umani. I fiori del male possono nascere sempre, ma sta alla nostra abilità creare le condizioni adatte affinché crescano: è nel loro sbocciare che si racchiude l'essenza del riscatto e della vittoria umana.

2 commenti:

  1. Quello che ci rende umani è la ragione mentre il dolore ci fa sentire vivi. Non vedo come il dolore, sia fisico che mentale, provato dalla maggior parte degli animali sia un elemento chiave solo per "noi" esseri umani. Il dolore è quello che ci riavvicina alla dura realtà mentre il nostro pensiero ama rifuggiarsi nel mondo perfetto dell'astrazione.
    Hai "colorato" molto la distinzione tra male e bene ma non capisco perchè il male dovrebbe essere "semplicemente il nulla o il bene ridotto all'osso". Dal tuo discorso (correggimi se erro) sembra che il bene sia lo scopo di tutto mentre mentre il male è quello che cerca sempre di abbattere le nostre speranze. Personalmente vedo la questione in modo molto più drastico e brutale dove la distinzione tra i due non vi è, come hai giustamente sottolineato, perchè sono solo parole che identificano lo stesso fenomeno, come il calore in fisica di cui hai accennato. E' interessante che tu abbia riportato proprio l'esempio del calore perchè questo si ricollega ad un altro concetto fisico che ritengo sia il vero significato di male e bene umani: l'entropia. Aumenta l'entropia e di conseguenza il disordine, il caos e noi lo interpretiamo come male, diminuisce e noi vediamo il bene. Amiamo pensare che trionfi sempre il bene ma la verità è che l'entropia in un sistema chiuso può solo aumentare e l'universo in cui viviamo è un sistema isolato. Il nostro concetto di "bene" per l'universo è il "male" che si oppone alla freccia naturale del disordine ma siccome non sono, per sfortuna, nel suo sitema di riferimento ma in quello degli esseri viventi dove viene apprezzata la vincita temporanea sul "male" con il cosìdetto "bene", condivido le tue considerazioni sui fiori del male. :)

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    1. "Quello che ci rende umani è la ragione mentre il dolore ci fa sentire vivi": sei riuscito ad esprimere meglio di me ciò che volevo dire. Chapeau.

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